L’ anima di Napoli

Da secoli Napoli rappresenta un teatro di splendore e contraddizione, città antichissima e al tempo stesso metropoli moderna. Una città dai mille volti che racchiude in sé tante città e che, in un’epoca in continua evoluzione, è riuscita comunque a mantenere salde le proprie radici storiche e culturali, dando vita a un magnifico scenario dove arte e cultura si fondono in un tutt’uno con il sentire religioso, con storie di tutti i giorni e tradizioni popolari.

Volti di una Napoli che Nicholas Tolosa, partenopeo di origine, descrive attraverso un lirismo esasperato, un linguaggio pittorico dominato dal bianco e il nero passando per le diverse sfumature dei grigi. È proprio l’utilizzo di questi colori a dare alle tele di Tolosa un taglio fotografico; immagini sospese nel tempo, che, oltre a richiamare alla mente le antiche pellicole istantanee, sono caratterizzate da una forte carica emotiva che punta diritta all’anima.

Il fil rouge della pittura tolosiana è quello che accomuna molti maestri – almeno da Caravaggio in qua – ovvero l’umanità posta al centro di una scena modellata con un intervallare di piani di luce e piani di ombra continua, carica di sentimenti, di emozioni, di Pathos; una scena perciò fortemente teatrale.

Artista dall’animo sensibile, Nicholas Tolosa nei suoi dipinti racconta diverse sfumature della città partenopea, attraverso tematiche che spaziano dall’esaltare le bellezze artistiche e culturali, nonché l’aspetto devozionale del popolo napoletano (Dormi; 79 d. C.; Ti ascolto); all’ambito della legalità e delle periferie (Giancarlo Siani; Grattacieli di Napoli); senza tralasciare la narrazione teatrale e folkloristica napoletana (Maschera quotidiana). Altra tematica è quella di una città sempre solidale e dalla parte degli ultimi (Povertà).

Quella che traspare è una Napoli bella e malinconica; un velo di malinconia avvolge infatti i soggetti dipinti da Tolosa. Essi colpiscono e catturano l’anima, segnati da sguardi che, pur manifestano dolore e tormenti interiori, vogliono comunque gridare alla vita, facendo emergere quelle “voci di dentro” che altro non sono se non le voci della moltitudine di uomini e donne che invadono l’osservatore rendendolo partecipe di frammenti del proprio vissuto.