Nicholas Tolosa nei solchi della storia

Il fascino romantico dell'antico, della rovina, del reperto, dell'oggetto che racconta una storia lontana nel tempo e nello spazio è quasi una costante nella storia dell'arte. Con maggior forza a partire dalla metà del XVIII secolo, con le prime vere indagini archeologiche portate avanti a Ercolano e Pompei a partire dal 1738, gli artisti hanno guardato al classico, al passato, cercando di traslare nella loro contemporaneità modelli e valori di un'epoca remota.

Tolosa si inserisce in questo flusso ininterrotto di richiami e rimandi; i suoi sono segni di un dialogo silenzioso, pacato, discreto con il passato; un dialogo attraverso il quale l'artista ricostruisce una storia, che è anche la sua storia, la storia della sua terra; un processo identitario, questo, che punta a ricongiungere passato e presente, ad inserire il passato nel presente. Il respiro della storia inerente alla distruzione di Pompei ed Ercolano in seguito all'eruzione del Vesuvio del 79 d. C., non racconta unicamente della sua tragedia, ma ci restituisce un attimo congelato nel tempo, un'intera esistenza sospesa nella forma, vite spezzate, ma al tempo stesso rese eterne: capitelli, statue, edifici, mura, ma anche i corpi di chi in quelle città viveva la sua quotidianità. Corpi i cui atteggiamenti sono stati consegnati alla storia dalla causa stessa della loro fine; da quel materiale cineritico che, solidificatosi, ne ha conservato l'impronta dopo la decomposizione.

Tolosa sceglie proprio questi ultimi come oggetto e soggetto del suo intervento. Sceglie, tuttavia, di decontestualizzarli, di alleggerirli dal peso della storia che si portano con sé; scegli di reinserirli nuovamente nel fluire del tempo. Non più, quindi, simbolo perenne di una tragedia ben definita cronologicamente, ma metafora di una situazione umana che ciclicamente ritorna: la tragedia raccontata dal lavoro dell'artista non è più esclusivamente la triste storia delle vittime pompeiane, ma diventa racconto di una condizione con la quale ci si scontra e confronta quotidianamente.

 

E così, i calchi pompeiani diventano i corpi dei migranti, degli esuli, degli emarginati, di tutti coloro la cui vita è stata bruscamente interrotta contro la propria volontà.Il senso della tragedia è sapientemente restituito dall'artista anche dalla ben ponderata scelta dei colori utilizzati, o forse sarebbe meglio dire dei non colori: neri, banchi, grigi eliminano ogni tentazione edonistica accentuando la tragicità della situazione; la ragione della sua arte si sposta, quindi, da una dimensione meramente estetica ad una più profondamente etica. Non vi è, tuttavia, spazio per la retorica nel lavoro di Nicholas Tolosa; non vi è alcuna volontà di spettacolarizzazione del dolore. Le sue immagini si fanno sineddoche della nostra contemporaneità: sono una parte, una piccolissima parte, in grado di descrivere quel tutto che forse si preferirebbe non dover descrivere.