biancoNERO metaSTORICO

Chiunque di noi si sia mai trovato a dovere contemplare le opere di un artista, sia esso storicizzato o meno poco importa, non può prescindere da due ordini di dinamiche mentali che si fanno strada tra la nebulosa di impressioni e sentimenti suscitati dall'esperienza estetica: la tensione verso la contestualizzazione dell'opera e quindi del background esperienziale dell'artista da una parte, e quella verso l'identificazione di possibili assonanze con movimenti o singole personalità artistiche del passato. Se, rispetto al primo punto, il contatto tra Nicholas Tolosa e il contesto culturale napoletano lo ha - a mio avviso – sensibilmente, quasi necessariamente predisposto verso le tematiche sociali più disparate, la questione relativa alle tangenze tematiche e stilistico-formali con l'arte moderna e contemporanea attende di essere sviscerata nelle sue molteplici stratificazioni consce (si guardi a questo proposito “Fuga dalla guerra” o “Effetto di un'esplosione”, smaccatamente picassiani) e meno esplicite. A quest'ultimo proposito risulta doveroso un richiamo, all'interno del corpus delle opere esposte, a “Incontro al destino”, “Vite rubate”, “Nelle mani nulla”, “Povertà” e “Chi sono” assimilabili, per la loro immediatezza comunicativa, il tratto sintetico, spigoloso e le ambientazioni poco connotate, quasi metafisiche ma proprio per questo universali e imperiture, la produzione grafica dell'espressionismo tedesco dei primi del XX secolo, con particolare riferimento all'artista tedesca Kathe Kollwitz e al suo ciclo di sette xilografie dal titolo “La guerra” (“Krieg”). In una lettera del 1922 indirizzata al drammaturgo francese Romain Rolland la Kollwitz scrive: <<Ho molte volte cercato di raffigurare la guerra. Non sono mai riuscita a coglierla. Ora ho finalmente portato a termine una serie di xilografie che, in certo qual modo, dicono ciò che volevo dire. Sono sette fogli intitolati: Il sacrificio- I volontari- I genitori- Le madri- Le vedove- Il popolo. Queste incisioni devono girare in tutto il mondo e devono dire in maniera concisa a tutti gli uomini: così è stato - questo abbiamo noi tutti sofferto in questi anni indicibilmente dolorosi>>.

 

Per quanto Nicholas Tolosa non realizzi xilografie bensì pitture in acrilico su tela, molti degli aspetti  a cui lo stralcio di documento (di cui sopra) rimanda sono intrinseci anche al suo operato: tanto la bicromia bianco/nero che enfatizza la drammaticità dei soggetti raffigurati e che richiama altresì la valenza documentaria, oggettivante del negativo fotografico, quanto la fisionomia letteralmente trasfigurata di donne, bambini, deportati, soldati e dell'impiccato di “Ultimo istante”, che assurgono ad autentici totem del dolore, dell'ingiustizia sociale e delle brutture della storia più recente. Di questo segno deformante e fortemente comunicativo, espressionistico appunto, reca altrettanto significativamente traccia un'altra opera presente in mostra come “Il re di Napoli”: trattasi, verosimilmente, di un'autorità religiosa, conciliare, rappresentata come una creatura ibrida a metà strada tra un'entità aliena, dai grandi e severi occhi scrutatori, e un teschio minaccioso e ieratico. La carica critica che l'opera comunica accanto alla scelta del suddetto soggetto, letteralmente incuneato in uno spazio nero uniforme e claustrofobico, mi hanno riportato alla memoria le figure vescovili e cardinalizie quasi ossessivamente reiterate da Aldo Borgonzoni nei disegni preparatori al ciclo “Concilio Vaticano II” del 1962. A chiusa di questa rosa di opere si pongono infine le due inequivocabilmente più autobiografiche come “Autoritratto” e “Napoletanità”: la prima sonda un genere, quello dell'autoritratto appunto, sempre più inflazionato tra la fine del XIX e il XX secolo grazie alle possibilità di introspezione e di autosignificazione che consegna all'artista contemporaneo, mentre la seconda presenta una monumentale maschera di Pulcinella profilata contro un candido sfondo bianco. Cambia il titolo ma non il motivo iconografico in “Maschera quotidiana” che è sì dichiarazione fiera della propria appartenenza all'entroterra culturale napoletano ma anche appello accorato, rivolto all'osservatore, verso una presa di coscienza delle proprie radici e delle personali risorse interiori. Perché se Pulcinella è stato ispirato all'inventore Silvio Fiorillo, come attestano le fonti, dalla tipica figura del contadino meridionale col volto arso dal sole, è altrettanto vero che essa esemplifica efficacemente la virtù di colui che, trovandosi in uno stato di iniziale impedimento o difficoltà, vi pone rimedio con l'autoironia e la rappresentazione dissacrante della società. Nicholas Tolosa come un Pulcinella contemporaneo? Credo proprio di si.

 

Nuria Rivaya Bustamante – Voci spente

 

Due colori non hanno mai suggerito tanto quanto il bianco e nero di Nicholas Tolosa: sono tuoni di notti di temporale in candela, sono trasparenze di vite altrui, lampi di mezzo sorriso, echi di fughe, fucina di quartieri, sono vie di fuga, ricerca di nascondigli, sono un verde speranza per l’essere umano alla deriva.

 

Nasce ad Eboli nel 1981 e si laurea in scenografia. L’unione di questo titolo di studio alla sua innata capacità pittorica permette alle sue opere di raggiungere un elevato spettro compositivo, in equilibrio tra forza emotiva della figura umana ed elementi più ornamentali che compongono la vita dei suoi personaggi; creando un momento di incontro tra lo spettatore e l'opera, addentrandosi questo oltre la pittura e provocando un'inevitabile riflessione sull'attuale necessità dell'Arte per un cambiamento a livello sociale. Nicholas Tolosa vanta un ampio curriculum di esposizioni alle spalle, collettive e personali, da citare le esposizioni avute in Castel dell’ Ovo e al Museo Madre di Napoli e anche la sua partecipazione alla Biennale Internazionale di Firenze nell'anno 2009.

 

L'opera dell'artista è una lotta silenziosa contro l'ingiustizia, dove il pittore risponde alla barbarie caricando la sua arma, questa volta, con un pennello di tratti di determinazione e di decisione nel voler essere testimone di quelle voci spente del passato, ma vive nel presente attraverso l'arte. Un'opera d'arte non si limita alla risposta emozionale individuale del ricevente, ma è la somma di tutte le sensazioni intime ed individuali che provoca nella massa.

 

In questa serie di pitture il tema principale é la Shoah, essendo, come nel resto delle sue opere, la figura umana una carta primordiale, rappresentando il principio e fine delle sue creazioni. Un umano epicentro di creazioni che armonizzano artisticamente l’odio devastatore tra gli uomini. Come un romantico, Tolosa ci fa imbarcare in un viaggio attraverso la malinconia, e il tentativo di comprendere tutto l’irrazionale, per essere bandiera di rivoluzione sociale.

 

Tolosa rappresenta i bianchi ed i neri della società; il bene e il male, ottenendo del suo miscuglio un'ampia gamma di sfumature  grigie che rappresentano la positività di ogni via di mezzo intrapresa nella vita.